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Ispezione periodiche scaffalature Magazzino: si risparmia?

Molto ed elenco subito le voci di risparmio più importanti che, a seconda delle dimensioni del magazzino dell’azienda, possono essere più o meno elevate.
Prima di tutto vorrei fare una semplice riflessione su ciò che giornalmente accade nei magazzini.

Negli ambienti destinati allo stoccaggio delle merci, siano esse materie prime, semilavorati o prodotti finiti abitualmente coesistono:
– il capannone
– l’impiantistica elettrica, idraulica
– l’eventuale impianto antincendio e di spegnimento
– il personale
– i mezzi per la movimentazione
– le attrezzature di lavoro, tra cui le scaffalature metalliche.

Le manutenzioni sull’immobile, sugli impianti elettrici e idraulici normalmente si fanno all’occorrenza e aggiungerei tempestivamente (quale imprenditore non si mobilita immediatamente se dal tetto entra acqua, se c’è un guasto all’impianto elettrico, o una perdita nell’impianto idraulico).

La manutenzione sugli impianti antincendio è obbligatoria e periodica. Anche i mezzi per la movimentazione sono sottoposti a manutenzioni ordinarie programmate. Il datore di lavoro deve far sottoporre i dipendenti a visita medica periodica.
Tutte le azioni sopra descritte vengono svolte sia perché sono per legge obbligatorie, per il rispetto della normativa sulla sicurezza, sia perché provocano un danno economico e di servizio immediatamente visibile(fermi produzione, danneggiamento merci, maggiori pericoli per la salute dei lavoratori, rischi per le coperture assicurative, ecc.)

Ho lasciato per ultime le attrezzature di lavoro tra le quali molti non sanno che rientrano le scaffalature metalliche. L’imprenditore nei confronti delle attrezzature di lavoro ha un comportamento orientato alla manutenzione straordinaria quindi all’intervento solo in presenza di guasti.
Questo modo di fare è sbagliato per due motivi.
Il primo è che il d. lgs 81/2008(che ha sostituito la legge 626), che dà disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, all’art. 71 comma 4 troviamo:

” Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d’uso;
2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso e libretto di manutenzione;
3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all’articolo 18, comma 1, lettera z);
b) siano curati la tenuta e l’aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto”.
All’interno dello stesso articolo 71 troviamo ulteriori prescrizioni per alcune tipologie di attrezzature di lavoro, tra le quali sicuramente rientrano le scaffalature metalliche, in particolare riporto i commi 8, 9, 11:
“8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede affinché:
a) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l’installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova località di impianto, al fine di assicurarne l’installazione corretta e il buon funzionamento;
b) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:
1) ad interventi di controllo periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;
2) ad interventi di controllo straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività;
c) gli interventi di controllo di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l’efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate in allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. La prima di tali verifiche è effettuata dall’ISPESL che vi provvede nel termine di sessanta giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro può avvalersi delle ASL e o di soggetti pubblici o privati abilitati con le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate dai soggetti di cui al precedente periodo, che vi provvedono nel termine di trenta giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro può avvalersi di soggetti pubblici o privati abilitati, con le modalità di cui al comma 13. Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro.

In sintesi, dall’analisi dei commi come sopra riportati, risulta che l’ispezione e la manutenzione delle scaffalature metalliche è obbligatoria, va eseguita da personale idoneo ed abilitato, e periodicità e tipologia degli interventi sono riportati nel manuale di uso e manutenzione che obbligatoriamente il costruttore delle scaffalature metalliche deve rilasciare.
Questo è il primo errore dell’imprenditore nel non effettuare l’ispezione e manutenzione periodica degli impianti di scaffalatura. Il secondo errore in questo modo di fare è legato alle implicazioni economiche(e qui torno al discorso iniziale sul risparmio).
Effettuando sull’impianto di scaffalatura una manutenzione programmata, è possibile evitare situazioni di pericolo che possono provocare incidenti, infortuni, e impedire interruzioni dell’attività ottimizzando l’uso del magazzino(e questi sono risparmi che ciascun imprenditore nella propria realtà aziendale può quantificare).
Le ispezioni programmate evitano:
1) Infortuni alle persone
2) Danni ai materiali
3) Interruzione dell’attività produttiva
4) Perdite di funzionalità e conseguenti perdite economiche
5) Procedimenti penali a carico dell’acquirente per non aver effettuato una manutenzione corretta

Ciò dovrebbe spingere l’imprenditore a effettuare le ispezioni e manutenzioni periodiche delle scaffalature metalliche, più che gli obblighi di legge. Sono convinto che se si entrasse nell’ordine di idee che la sicurezza nei luoghi di lavoro è un valore aggiunto per l’azienda, il titolare dell’impresa avrebbe tutto l’interesse a fare il massimo invece di viverla come un obbligo legato al rispetto di una legge che molto spesso è anche difficile da comprendere.

Aiuto! Crollo di un magazzino…

Vedendo questo video come prima reazione ho pensato che non fosse vero, ma mi sbagliavo. Mi sono chiesto che fine avrà fatto il conducente del carrello elevatore che ha provocato il collasso delle scaffalature, visto che l’operatore dell’altro carrello lo si vede correre insieme ad altri a soccorrere il collega. Se si è salvato dallo schiacciamento sicuramente dovrà ancora riprendersi dai fumi e fiumi di alcool delle bottiglie di vodka che si sono frantumate 😀

A parte gli scherzi le valutazioni da fare sono diverse. Vedere due carrelli elevatori che lavorano contemporaneamente, con pallet di materiale a terra che ingombrano i corridoi di lavoro non mi dà l’idea di una grande attenzione ai temi della sicurezza. Presumo che i pallet a terra siano lì per fare attività di picking, il che aumenta i rischi di infortunio poiché negli stessi spazi senza alcuna tipologia di protezione o segnalazione coesistono macchine in movimento e operatori. Questo video, ma vi assicuro che ce ne sono altri, riesce a sfatare un mito: quello che in un modo o nell’altro le scaffalature rimangono sempre in piedi. Mi piacerebbe sapere se gira un video da qualche parte sulla rete in cui si vede la reazione del proprietario dell’azienda dopo l’incidente e magari, se fosse stato possibile, confrontarlo con un eventuale video di quando ha deciso di affidarsi ad una determinata azienda per la fornitura delle scaffalature. Cosa avrà chiesto al suo fornitore?
Il Prezzo, e penso che il fornitore lo abbia accontentato, visto che si è “dimenticato” di far presente che è consigliabile, ma io dico indispensabile, inserire protezioni su montanti verticali delle scaffalature in maniera particolare nei corridoi di transito. Un effetto domino così, mi fa pensare che l’urto del carrello sul montante dello scaffale sia la classica “goccia che fa traboccare il vaso”. Quindi o le scaffalature sono state dimensionate in maniera errata, oppure sono state sovraccaricate, cosa che non mi stupirebbe visto che non c’è traccia della presenza di tabelle di portata e dubito che i carrellisti siano stati istruiti sul corretto criterio di utilizzo delle scaffalature. Visto che il fatto è accaduto in Russia, non conoscendo come funzionano lì le cose, è possibile che il titolare dell’azienda, smaltita la “sbornia” delle 170.000€ di vodka andati in fumo, stia pasteggiando a caviale e champagne. Se fosse successo in Italia vi assicuro che l’imprenditore avrebbe trascorso le peggiori feste di Natale della sua vita. Da noi già vedere dei carrelli elevatori diesel lavorare all’interno di un magazzino non è concepibile. Il titolare di un’azienda italiana, oltre al danno economico subito, sarebbe stato responsabile sia nel caso di provato cattivo dimensionamento delle scaffalature sia in quello di non aver vigilato e quindi impedito che fossero sovraccaricate. In generale avrebbe dovuto dimostrare di aver fatto tutto il possibile e immaginabile affinché l’evento, il collasso delle strutture, non si verificasse. E inizia qui per lui, che già in condizioni normali rischia di suo, l’inesorabile travaglio degli avvocati, delle responsabilità civili e penali, dei continui controlli degli organi preposti, delle rivendicazioni dei sindacati, e se ci sono perdite di vite umane o infortuni seri dei rimorsi di coscienza. Danni economici e d’immagine incalcolabili. Tutto questo a fronte di che cosa. Nel magazzino del video poniamo che le scaffalature siano state acquistate a 10.000€ , se anche l’acquirente avesse risparmiato il 50% quindi 5.000€ rispetto ad un altro fornitore che però dava garanzie di serietà, di attenzione alla sicurezza, di utilizzo di materiali certificati, di esperienza nel settore possiamo tranquillamente dire già solo per il fatto che deve riacquistare di nuovo le scaffalature che inizialmente ha risparmiato 5.000€ ma ne ha persi almeno 10.000€ (mi auguro che non rifaccia lo stesso errore e che spenda 15.000€) più tutti i costi di ripristino del magazzino, con conseguente arresto o diminuzione delle attività.
Un giorno mi chiama il responsabile della logistica di un’azienda ns cliente e mi dice che un operatore era andato ad urtare un montante verticale di uno scaffale di 4 piani in altezza, dove su ogni piano ci sono 4.000kg di materiale, con un carrello trilaterale. Per i profani il carrello frontale del video potrebbe pesare 20.000kg, il trilaterale pesa 80.000kg.  Seppur allarmato sapevo di aver fatto tutto il possibile, in accordo con il cliente, perché un evento del genere non causasse danni e infortuni.  Lo scaffale correttamente dimensionato, con l’ausilio delle protezioni, aveva risposto in maniera ottimale, piegandosi sul montante che aveva subito il colpo ma senza collassare evitando così la caduta dei materiali. Tutto si è risolto con la semplice sostituzione del montante danneggiato. Questo non vuol dire che esiste uno scaffale che possa resistere all’urto di un carrello elevatore di qualunque tipo che gli va contro a velocità sostenuta. L’importante è informare l’acquirente e mettere in atto tutte le precauzioni possibili affinché un evento possibile e molto frequente come l’urto dei carrelli contro gli scaffali, non si trasformi in un danno incalcolabile, con le conseguenze sopra esposte.
Ritengo a questo punto fondamentale per l’imprenditore che deve procedere all’acquisto di strutture per il magazzino di affidarsi a fornitori certificati e di provata esperienza che hanno la forza e la certezza di potergli dire ”tranquillo, con noi sei in buone mani”.

Scaffalature metalliche e Sicurezza negli ambienti di lavoro

Oggi la sicurezza negli ambienti di lavoro è uno degli argomenti più trattati e discussi, sia per una aumentata sensibilità delle persone, sia per la risonanza, data a livello mediatico, di incidenti e infortuni molto gravi con perdite di vite umane.
Tralasciando l’aspetto, seppur non trascurabile, dei costi sociali di ogni singolo infortunio, vorrei fare delle valutazioni dal punto di vista imprenditoriale.
Oggi la sicurezza nell’ambiente di lavoro rappresenta, per il titolare di un’azienda, uno dei fattori critici nell’attività d’impresa a cui si rischia di non dare il giusto peso, andandosi a caricare di rischi e responsabilità sia dal punto di vista civile che penale oltre, aggiungo io, ai possibili rimorsi a livello coscienziale (“ho fatto il possibile per evitare la morte o le lesioni permanenti del mio dipendente?”, ecc.).  I riferimenti normativi ci sono, la 626/94, la 81/08, che come spesso accade, si prestano ad interpretazione ma che portano, a mio parere, quasi sempre a una conclusione: per la legge in un modo o nell’altro l’imprenditore è sempre responsabile e per costui non è per niente facile dimostrare di aver fatto il possibile per evitare che l’infortunio accadesse. Quindi, o ha la fortuna di avere un bravo avvocato, tipo uno di quelli che assistono il ns premier, o sennò son guai seri.
La mia esperienza lavorativa mi porta quotidianamente ad essere a contatto con gli ambienti di magazzino, luogo dove l’incidente è spesso in agguato. Non voglio soffermarmi sulla parte burocratica della 626, che vedo generalmente rispettata, ma su un aspetto più pratico: l’acquisto di scaffalature metalliche, prodotto largamente usato nei magazzini.
Quando mi trovo a discutere con un imprenditore per l’acquisto di queste attrezzature, mi sento dire che “gli scaffali tanto sono tutti uguali” oppure “tutti mi garantiscono che lo scaffale è resistente” e quindi, molto spesso, chi deve comprare si lascia affascinare dal prezzo più basso.

Ma le scaffalature, come altre tipologie di prodotto, non sono tutte uguali, sia per le diverse qualità di acciaio che vengono utilizzate dai produttori, sia per i differenti parametri usati nel definire i carichi di rottura e le massime flessioni ammissibili…
Ho avuto modo di vedere in aziende non clienti, scaffali pericolanti dopo essere stati urtati con il carrello elevatore, con elevati rischi per l’incolumità del personale. Ecco questo è un classico esempio che dovrebbe far riflettere colui che procede all’acquisto di queste attrezzature, e tornando al discorso fatto prima quello che dovrebbe fargli dire “ho fatto, o sto facendo, il possibile per evitare la morte o le lesioni permanenti dei miei dipendenti?
Il mio invito e consiglio è di rivolgersi a chi seleziona i fornitori con cui si collabora non in base al prezzo (la sola quotazione economica del prodotto), ma al costo che include anche tutti gli oneri che quel prodotto genererà nel tempo (tra questi quello che costa un infortunio in azienda che non è quantificabile e che sembra non riguardarci sino a quando come si dice dalle nostre parti”non ci si passa”). L’imprenditore deve ottenere dal suo fornitore prove reali e non solo verbali delle qualità del prodotto che gli viene proposto.

Sedie ufficio e UNI 1335: principi ergonomici e requisiti funzionali minimi

Le condizioni di lavoro e la protezione delle persone che lavorano in ufficio, in termini di sicurezza e salute, prevedono che le “sedie da lavoro per ufficio” vengano prodotte secondo i principi ergonomici ed i requisiti funzionali minimi contenuti nelle seguenti norme:

UNI EN 1335-1, dimensioni e determinazione delle dimensioni;
UNI EN 1335-2, requisiti di sicurezza;
UNI EN 1335-3, metodi di prova per la sicurezza.

Le sedie sono catalogate, in base a specifiche caratteristiche prestazionali e dimensionali, in tre diverse classi.
La classe A prevede i requisiti dimensionali più restrittivi, rispetta maggiormente le dimensioni antropometriche dal 5% al 95% della popolazione.
La classe B prevede i requisiti intermedi tra le classi, rispettando i requisiti minimi richiesti dal D.Lgs. 626.
La classe C è caratterizzata dai requisiti minimi.

Sono state pubblicate nello scorso mese di giugno 2009 le revisioni di due norme che interessano la sicurezza e la salute delle persone che lavorano in ufficio: si tratta di due documenti relativi alle sedie da lavoro per ufficio, che devono essere prodotte e commercializzate secondo specifici requisiti funzionali e principi ergonomici per permettere al lavoratore di mantenere una postura corretta.

Resta in vigore la norma UNI EN 1335-1 : 2000 “Mobili per ufficio – Sedia da lavoro per ufficio – Dimensioni – Determinazione delle dimensioni” che specifica sia le dimensioni di tre tipologie di sedie (A, B e C) sia i metodi di prova per la determinazione di tali dimensioni. Per sedia da lavoro per ufficio nella norma si intende “una seduta per una persona, con schienale, con o senza braccioli” dove “la parte superiore della sedia, che include il sedile, ruota nel piano orizzontale ed è regolabile in altezza”.

La prima revisione riguarda la norma UNI EN 1335-2 : 2009 “Mobili per ufficio – Sedia da lavoro per ufficio – Parte 2: Requisiti di sicurezza” che specifica i requisiti meccanici di sicurezza delle sedie da lavoro per ufficio: tali requisiti sono basati su un utilizzo giornaliero di 8 ore da parte di una persona di peso non superiore a 110 kg. L’Appendice A della norma include carichi, masse e cicli di prove di sicurezza.

La UNI EN 1335-3 : 2009 “Mobili per ufficio – Sedia da lavoro per ufficio – Parte 3: Metodi di prova” specifica invece i metodi di prova per verificare la stabilità, la resistenza e la durabilità delle sedie da lavoro per ufficio. Non specifica le prove relative all’omologazione di singoli componenti: le prove devono essere applicate alla sedia vista come un articolo di arredamento, completamente assemblata e pronta per l’uso. Le prove, che consistono nell’applicazione -alle varie parti del prodotto- di forze che simulano un utilizzo funzionale normale, sono state messe a punto per valutare le proprietà della sedia da lavoro e non riguardano i materiali, il design, il processo di produzione.